PAROLE DELLA LETTERATURA

burlesca, poesia


Burlesca, poesia. Genere letterario basato sullo scherzo, il divertimento, la parodia, privo di intenti moraleggianti e satirici, e ispirato al puro gioco (si parla anche di poesia giocosa). Spunti burleschi sono già presenti nella poesia latina medievale che viene definita goliardica (vedi goliardica, poesia); la prima produzione burlesca vera e propria si incontra nella letteratura toscana della seconda metà del Duecento, con i rimatori Cecco Angiolieri, Rustico di Filippo, Forese Donati, Meo de’ Tolomei, Folgóre da San Gimignano e altri. Essi scrivono componimenti caratterizzati da oltraggi e insulti, spesso in tenzone l’uno con l’altro; adottano uno stile comico, ossia umile, e celebrano la ricchezza e il pettegolezzo, il volgare, il godereccio e l’effimero, in aperto contrasto con lo stile e i temi della poesia stilnovistica. Per la scelta di questi temi e per il loro stile i poeti burleschi sono chiamati anche «realisti», o «borghesi», nonostante che il loro realismo fosse il frutto di una convenzione letteraria e nascesse non da una vera adesione alla realtà ma da una polemica nei confronti dello Stilnovo.

Dopo la fioritura del Due e Trecento, un vero cultore della poesia burlesca nella prima metà del Quattrocento fu il fiorentino Domenico di Giovanni, detto il Burchiello (da cui l’espressione «rimare alla burchia» e il termine «burchiellesco» riferito al componimento burlesco). All’inizio del secolo seguente, Francesco Berni rivitalizzò il genere, che da allora in poi fu noto come «bernesco», dandogli, con i suoi sonetti caudati («sonettesse»), un assetto pressoché definitivo. La poesia bernesca continuò nel Seicento, come testimoniano, fra gli altri, i sonetti giocosi di Alessandro Tassoni (autore del poema eroicomico La secchia rapita). Lo stesso Galileo Galilei si cimentò in un gustoso scritto che si burlava dell’obbligo imposto ai professori pisani di indossare la toga. Il Settecento ebbe un vero culto per Berni, e in quel periodo la rimeria burlesca divenne un’usanza accademica cara ai dotti e agli intellettuali, dal Baretti a Gaspare Gozzi al Parini, anche se spesso all’imitazione di Berni si mescolavano l’erudizione e il gusto per il divertimento raffinato.

Pur facendo ricorso a diverse forme metriche, il genere burlesco continuò fino ai primi dell’Ottocento.

 

 

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