BIOGRAFIE

Rousseau, Jean-Jacques


Rousseau, Jean-Jacques (Ginevra, 1712-Ermenonville, Parigi, 1778). Nacque da una famiglia di artigiani di lontana origine francese. La madre era morta dandolo alla luce (e Rousseau ne ricercherà sempre la figura nei personaggi femminili con cui verrà in contatto); il padre, orologiaio e poi maestro di danza, lo affidò, quando aveva soltanto dieci anni, a un pastore di Bossey (1722) per rifugiarsi a Nyon, essendo perseguito dalla giustizia ginevrina in seguito a una lite con un patrizio. Non ricevette dunque un’educazione regolare, ma proprio in quegli anni si dedicò a vaste letture di romanzi e opere di storia: importante la lettura di Plutarco che rafforzò in lui la fede repubblicana già fortemente sostenuta dal padre. Per merito di una zia imparò ad amare e praticare la musica. Tornato a Ginevra nel 1724, fu messo a bottega presso un incisore, un uomo rozzo e violento dal quale fuggì dopo tre anni. Dalla rigida Ginevra calvinista passò alla tollerante e cattolica Annecy, ospite di madame de Warens, che lo inviò per qualche tempo a Torino, all’ospizio dello Spirito Santo, dove Jean-Jacques si convertì al cattolicesimo, poi lo accolse di nuovo presso di sé, prima come una madre poi, nel 1734, come amante. In quegli anni viaggiò moltissimo, esercitò con incostanza mestieri svariati (tra cui quello di maestro di musica), si divise tra l’amore e gli studi. Rotta nel 1738 la relazione con la Warens, intensificò, nella residenza delle Charmettes in cui viveva ormai solo, la lettura dei classici della filosofia (tra i quali Cartesio, Malebranche, Locke, Leibniz, Voltaire). Quando nel 1740 Rousseau si trasferì a Lione, come precettore, aveva ormai una solida preparazione culturale, fondata sui classici. Nel 1742 affrontò l’impegnativo trasferimento nella capitale. Qui svolse varie occupazioni, avviò una relazione con una cameriera d’albergo, Thérèse Lavasseur, che divenne più tardi sua moglie e gli diede cinque figli, divenne amico di Diderot e Condillac, che, pur essendo ancora agli inizi della loro carriera, gli aprirono le porte degli ambienti intellettuali. Scrisse per l’Encyclopédie le voci musicali (all’epoca aveva già composto opere e commedie). Nel 1749 ottenne un premio dall’Accademia di Digione con il Discours sur les sciences et les arts (“Discorso sulle scienze e le arti”), primo suo scritto teorico. In questo, come nel successivo Discours sur l’origine et les fondements de l’inégalité parmi les hommes (“Discorso sull’origine e i fondamenti dell’ineguaglianza fra gli uomini”, 1754), sono poste le basi della sua critica radicale della società, a cui egli attribuiva la corruzione morale dell’uomo.

Ormai Rousseau era famoso, ma i tratti del suo carattere litigioso e ombroso, e i suoi comportamenti spesso contraddittori si accentuarono. Tornò a vivere in Svizzera, si riconvertì al protestantesimo, visse presso vari protettori (fra cui madame d’Épinay all’Ermitage), ruppe clamorosamente con gli intellettuali parigini e scrisse una polemica Lettre sur les spectacles (“Lettera sugli spettacoli”, 1758). Ma proprio nella nuova condizione di isolamento compose le sue opere maggiori, che suscitarono accese polemiche e vere e proprie persecuzioni, costringendo l’autore a cercar rifugio in Svizzera, in Prussia, in Inghilterra: il romanzo Julie, ou la nouvelle Héloïse (“Giulia, o la nuova Eloisa”, 1761), Émile, ou de l’éducation (“Emilio, o dell’educazione”, 1962), Le contrat social (“Il contratto sociale”, 1762). Se il primo scritto gli procura un successo immenso, le dottrine politiche e pedagogiche dell’Émile e del Contrat scatenano violente reazioni politico-ecclesiastiche. Rousseau deve rifugiarsi in Svizzera, a Yverdon, e quindi a Môtiers (presso Neuchâtel) in territorio prussiano. Di qui, per l’ostilità degli abitanti, fugge nell’isola di Saint-Pierre, sul lago svizzero di Bienne (1765), da cui è presto espulso. Dopo pochi mesi trascorsi in Francia, accoglie l’invito di Hume e si trasferisce in Inghilterra (1765). Ma il rapido deterioramento dei suoi rapporti con il filosofo inglese lo induce a rientrare in Francia: effettua quindi vari viaggi nelle regioni meridionali, durante i quali si dichiara vittima di un «complotto universale», e finisce per stabilirsi nuovamente a Parigi (1770). Qui, mentre si guadagnava da vivere con l’umile lavoro di copista musicale, scrisse Les Confessions (“Le confessioni”) e altre opere che rimasero inedite: le Considérations sur le gouvernement de Pologne (“Considerazioni sul governo della Polonia”, 1771-72), i dialoghi Rousseau juge de Jean-Jacques (“Rousseau giudice di Jean-Jacques”, 1772-76), e infine le Rêveries du promeneur solitaire (“Le fantasticherie del passeggiatore solitario”, 1776-78). A Parigi il suo turbamento mentale si aggrava sempre più. Ormai preda di un’accentuata mania di persecuzione, Rousseau non apre la porta che a pochissimi amici, e giunge a distribuire foglietti ai passanti per ristabilire la verità sul suo operato contro le calunnie di cui si crede vittima. Accetta infine l’invito del marchese di Girardin, che gli offre ospitalità nella sua residenza di Ermenonville.

 

 

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