Servitù. Termine derivato dal latino servus, «servo», che indica una condizione simile a quella dello schiavo, del quale è sinonimo (vedi schiavi, schiavitù). La parola è usata in alcune accezioni specifiche: si parla di servitù della gleba per indicare un istituto giuridico medievale in base al quale il contadino era legato alla terra che coltivava e non poteva abbandonarla; tale condizione implicava una serie di vincoli e di oneri per il servo e la potestà del signore sulla persona e sugli averi del servo stesso. Servitù è anche chiamato l’insieme dei domestici al servizio di una casa.
La servitù prediale, nel linguaggio del diritto, indica una limitazione al diritto di godimento di un bene immobile (come la servitù di passaggio e la servitù di pascolo). Di servitù si parla anche in relazione a uno Stato o a un Paese che è sottoposto al dominio straniero o di un tiranno («Ahi serva Italia di dolore ostello…» dice Dante nel VI canto del Purgatorio).
In ambito letterario è frequente la rappresentazione del servitore, che può essere fedelissimo al suo padrone, oppure da questi maltrattato e vessato, ma anche astuto, capace di ingannarlo e magari di riproporre su un gradino socialmente inferiore le avventure, i sentimenti e gli atteggiamenti che caratterizzano le vicende del suo stesso signore. Memorabili sono alcuni esempi di servi nella commedia greca di Aristofane, nella commedia latina di Plauto (dove primeggia la figura del servus callidus, ossia il servo astuto, come Pseudolo nell’omonima commedia), nei drammi di Shakespeare (la nutrice in Romeo e Giulietta, Ariele e Calibano, servi di Prospero nella Tempesta, Iago nell’Otello) e nella letteratura italiana del Settecento (in cui spiccano il goldoniano Arlecchino e Truffaldino nel Re Cervo messo in scena da Carlo Gozzi nel 1762). Celeberrima è poi la figura di Sancho Panza, servo di don Chisciotte nell’omonimo romanzo di Cervantes (1605-1615); Colombina, Corallina, Smeraldina sono popolari figure di servette nel teatro di Molière (che crea anche la figura di Dorina nel Tartufo, 1664). Nella Serva padrona musicata da Pergolesi nel 1733, la protagonista Serpina riesce astutamente ad abbindolare il padrone e a farsi sposare. Il rapporto servo-padrone è impietosamente messo alla berlina da Jonathan Swift nelle sue Istruzioni per la servitù (1732), mentre nel Giorno di Parini (1765) il servo viene gettato in mezzo alla strada con tutta la sua famiglia per aver osato dare un innocuo calcetto alla cagnolina dei padroni. L’ascesa della classe servile è illustrata dalla figura di Jacques, il servo descritto da Diderot in Jacques il fatalista e il suo padrone (1774); altre celebri figure di servo sono Leporello, al servizio di don Giovanni, nel Don Giovanni di Lorenzo Da Ponte, musicato da Mozart (1787), e Figaro, che compare sulle scene nel Matrimonio di Figaro di Beaumarchais (1784). Nei Promessi sposi di Manzoni il ruolo dei servi è impersonato principalmente dai bravi, e il tema della servitù è inserito in una cornice religiosa, per la quale la salvezza e il riscatto dei padroni coincidono con la loro rinuncia a imporre vincoli servili. Nella letteratura russa dell’Ottocento la figura del servo è parte integrante di una società arcaica e contadina in molte pagine di Tolstoj, Gogol’, Dostoevskij e altri grandi scrittori, mentre nel Novecento la servitù viene utilizzata frequentemente per delineare l’immagine di un mondo ormai appartenente esclusivamente al passato.