Muratori, Ludovico Antonio (Vignola, Modena, 1672-Modena, 1750). Nacque da una famiglia di modesta condizione. La sua biografia, povera di eventi, coincide in fondo con la storia delle sue opere, delle sue ricerche, dei suoi rapporti con i dotti del tempo. Studiò a Modena presso i gesuiti, conseguì nel 1694 la laurea in Diritto canonico e civile, e l’anno successivo fu chiamato a Milano in qualità di dottore della Biblioteca ambrosiana. Ritornò a Modena nel 1700, come archivista e bibliotecario del duca Rinaldo I d’Este, e non si allontanò più dalla capitale del ducato se non per brevi viaggi di studio. La carica conferitagli dal duca e il beneficio annesso alla parrocchia di Santa Maria della Pomposa, di cui era stato nominato proposto (l’ordinazione sacerdotale risaliva al settembre 1695), gli permisero di condurre serenamente fino alla morte un’intensa attività di erudito e scrittore.
Maestro di Muratori, in ogni senso, fu padre Benedetto Bacchini, bibliotecario ducale estense, con cui il giovane si incontrò nel 1691. Erudito dottissimo e seguace dei rigorosi metodi di accertamento filologico che la scuola dei padri maurini francesi e di Jean Mabillon (1632-1707) aveva portato al massimo sviluppo, Bacchini era al contempo erede della tradizione antiquaria di orientamento cattolico, rappresentata in Italia nei secoli precedenti da Carlo Sigonio e Cesare Baronio. Questo duplice patrimonio fu trasmesso a Muratori, che lo mise a frutto nella sua prima prova di rilievo: i due volumi degli Anecdota latina (1697-98), fondati su un’accurata esplorazione del materiale documentario dell’Ambrosiana di Milano. Ma l’atteggiamento intellettuale di Bacchini era tale da aprire ai suoi allievi ampie prospettive anche sul piano concettuale: estimatore della filosofia sperimentale galileiana e conoscitore del pensiero di Pascal e Gassendi, egli mantenne per tutta la vita un atteggiamento di ferma religiosità, mai disposto però a far passare in secondo piano le ragioni della ricerca di fronte alle ragioni della devozione. A una volontà di moderato rinnovamento culturale ispirata al razionalismo e al metodo sperimentale si possono fare risalire le successive opere muratoriane: i Primi disegni della Repubblica letteraria d’Italia (1703), programma di organizzazione del mondo dei dotti; il trattato Della perfetta poesia italiana (1706), apologia e codificazione del nuovo gusto arcadico e antibarocco; la prima parte delle Riflessioni sopra il buon gusto intorno le scienze e le arti (1708), pubblicata sotto il nome arcadico di Lamindo Pritanio, in cui si rivendica una presenza del letterato nella società civile improntata a norme di equilibrio, misura e criterio razionale.
Nel 1708 ebbe inizio la controversia giurisdizionalistica tra la Santa Sede e gli Estensi a proposito del possesso di Comacchio. Muratori, schierato a difesa dei diritti dei suoi protettori, utilizzò la propria esperienza storico-giuridica a sostegno delle ragioni estensi: ne nacque un grande lavoro di ricerca di prove documentarie, di precisazione di termini e concetti legali, espresso dapprima nella Piena esposizione dei diritti imperiali ed estensi sopra la città di Comacchio (1711) e poi nella prima parte del trattato Delle antichità estensi ed italiane (1717; la seconda parte uscirà nel 1740). La controversia di Comacchio appare per molte ragioni un momento centrale nello sviluppo della storiografia muratoriana: in quegli anni l’erudito stabilisce un intenso (e talvolta burrascoso) rapporto con Leibniz, che nel corso delle ricerche genealogiche sulla casa Braunschweig, di cui era storiografo, aveva individuato origini comuni tra questa e la famiglia d’Este. Inoltre le ricerche giurisdizionalistiche fanno acquisire a Muratori una più precisa coscienza dei confini da porre ai rapporti fra Stato e Chiesa, e ne traspongono gli interessi di ricerca dall’ambito dell’erudizione ecclesiastica a quello più vasto delle forme di sviluppo assunte nel corso dei secoli da intere società. Un progetto storico di tale ampiezza imponeva che si riesaminasse a fondo il problema delle fonti, e che si approntasse per gli studiosi un corpo di informazioni sicure e facilmente accessibili. Nacque così, ideata e guidata da Muratori, l’impresa gigantesca dei Rerum italicarum scriptores (“Scrittori della storia d’Italia”), raccolta delle più importanti cronache che interessano la storia d’Italia dal 500 d.C. fino al principio del XVI secolo, pubblicata dal 1723 al 1738 in 24 tomi (il XXV apparve postumo nel 1751). A raccogliere e trascrivere il materiale provvide uno stuolo di eruditi sparsi in tutta Italia, coordinati da Muratori (la gestazione dell’opera può essere seguita quasi quotidianamente attraverso il suo vastissimo epistolario); l’onere editoriale dell’impresa fu assunto a Milano dalla Società palatina, appositamente costituita da un gruppo di patrizi lombardi. I Rerum furono, nel loro complesso, la più grande iniziativa culturale laica dell’Italia post-tridentina. Sulla base dell’ingente materiale accolto nei Rerum e nelle precedenti ricerche, Muratori affrontò la sua maggiore impresa di storico: le Antiquitates Italicae Medii Aevi (“Antichità italiane del Medioevo”), 75 dissertazioni uscite in 6 volumi fra il 1738 e il 1742. La forma adottata non era originale: anzi, la dissertazione antiquaria, intesa come statica descrizione del passato, era stata a lungo coltivata in età umanistica. Ma Muratori immise nelle sue trattazioni, per la prima volta nella storiografia italiana, la coscienza della peculiarità dei funzionamenti politici medievali: colse l’anomala situazione del potere dissolto in una moltitudine di autonomie concorrenti alla disgregazione dell’ordinamento pubblico del Regnum Italicum; ricostruì sottili divaricazioni giuridiche, distinguendo il beneficio vassallatico di natura precaria dal feudo patrimoniale; fornì un quadro dello sviluppo delle autonomie comunali e delle lotte cittadine del Basso Medioevo; toccò infine, mosso da una curiosità spregiudicata e vivissima, argomenti disparati, dalla lingua e dall’onomastica ai riti e alle usanze, dalla cultura letteraria e materiale al paesaggio agrario e alla topografia medievali.
Dopo questa fase, dedicata prevalentemente all’erudizione e alla storiografia, Muratori riprese il suo discorso di riforma politica, sociale e religiosa: nacquero così il trattato Dei difetti della giurisprudenza (1742), la prima parte dell’opera Il cristianesimo felice nelle missioni dei Padri della Compagnia di Gesù nel Paraguai (1743; la seconda parte uscirà nel 1749), l’equilibrata proposta religiosa contenuta nel Della regolata divozione de’ Cristiani (1747), il trattato Della pubblica felicità, oggetto de’ buoni prìncipi (1749), fortunato manuale del monarca illuminato.
All’erudizione storica ritornò in seguito ma con minore frequenza: volse in italiano e compendiò le Antiquitates (l’opera, completata dal nipote Gian Francesco Soli Muratori, uscì postuma tra il 1751 e il 1755), e soprattutto compose gli Annali d’Italia dal principio dell’era volgare sino all’anno 1500 (1744-49): l’opera, a coronamento di una grande esperienza di storico, offrì un quadro complessivo destinato a influenzare molte successive trattazioni, anche se la rigidezza dell’antiquata struttura annalistica e qualche cedimento a interpretazioni nettamente filo-ecclesiastiche le tolgono i tratti fortemente innovativi che avevano contrassegnato le Antiquitates.