Modo comico-carnevalesco. Il modo comico-carnevalesco (vedi modi letterari) può anche essere considerato un anti-modo, perché si presenta spesso come “rovesciamento” di altri modi. Ha connessioni profonde con le pratiche e le eredità antropologiche trasmesse a noi dai popoli primitivi e con le strategie espressive degli strati subalterni e oppressi delle società complesse (gli strati popolari, le masse contadine, gli strati infantili e adolescenziali), i quali usano questo modo per dar forma alle loro concezioni di vita alternative a quelle dominanti. Il maggior teorico di questa modalità letteraria e culturale è stato Michail Bachtin, che ha ricostruito la funzione del carnevale nel rapporto fra gli strati sociali, visto come momento ritualizzato, e come tale tollerato, di espressione delle forze antagonistiche, vitali e alternative al sistema ufficiale e dominante di vita e di pensiero. Il carnevale ha avuto una presenza molto forte nelle masse popolari del mondo pre-moderno (oggi sopravvive stancamente, spesso strappato alle sue basi popolari, a volte ridotto semplicemente a folclore infantile o ai suoi risvolti commerciali); ne ha influenzato i comportamenti e ha spesso funzionato da valvola di sfogo per rendere accettabili situazioni di repressione ideologica e sociale anche dure e violente, ma ha pure prodotto forme di espressione linguistica, teatrale, letteraria che si sono diffuse negli strati sociali più elevati e acculturati, offrendo esempi di trascrizione immaginaria delle pulsioni istintuali, delle necessità vitali e materiali, delle situazioni trasgressive, dei bisogni di contestazione ideologica e politica. Le forme più dirette della letteratura carnevalesca (la farsa, la commedia, la festa) e quelle indirette della letteratura carnevalizzata usano il linguaggio più espressionistico, plebeo, burlesco, giocoso (fatto di giochi di parole e motti di spirito), per dare espressione al mondo della vita materiale, del corpo, degli istinti. La pratica della profanazione e del rovesciamento dei valori, della mescolanza di stili, lessici e registri linguistici si è diffusa nel teatro comico (già in quello greco e latino), nella poesia (per esempio nella tradizione giullaresca o nei poeti giocosi del Duecento), nel romanzo e nella novella (da Petronio Arbitro a Boccaccio e poi a molti altri), nel canto carnascialesco, nel poema burlesco e maccheronico, nel romanzo picaresco, nella Commedia dell’arte. Occorre aggiungere che di teorie del comico ce ne sono molte altre, oltre a quella di Bachtin, e che l’identificazione di comico e carnevalesco non viene accettata da tutti gli studiosi. Molti hanno fatto notare che il tipo di trasgressività consentita dal carnevalesco non mette mai veramente in discussione il sistema di valori e di potere dominante, ma anzi implicitamente, consapevole della propria eccezionalità rituale, lo accetta. Altri hanno elaborato teorie del comico diversamente fondate: sulla psicologia umana, sulla retorica linguistica, ecc., spesso però abbandonando il terreno della modalità carnevalesca e trasferendosi su quello della modalità ironica e umoristica.