oro


Oro. Metallo prezioso per eccellenza, associato spesso al Sole e alla divinità, è anche sinonimo di ricchezza, da quando, intorno alla metà del II millennio a.C., nel bacino del Mediterraneo esso venne trasformato in moneta. In letteratura è inoltre spesso simbolo della perfezione, della purezza, della bellezza, della santità ecc. (per esempio, la raccolta duecentesca delle storie dei santi di Jacopo da Varagine è chiamata Leggenda aurea, e la città immaginata da Giacomino da Verona nella sua Gerusalemme celeste, della seconda metà del XIII secolo, è tutta d’oro).

Gli antichi per primi hanno elaborato l’idea di una mitica era della storia dell’uomo che hanno chiamato «età dell’oro», delineata per la prima volta dal poeta greco Esiodo nelle Opere e i giorni, e poi ripresa da Virgilio nella quarta delle sue Bucoliche: un’età beata nella quale gli uomini vivevano quasi come gli dèi, liberi dal dolore, dalle preoccupazioni e dalle paure, e concludevano la propria esistenza con una morte serena, priva di sofferenze.

In tutta la mitologia classica l’oro è associato alla dimensione del divino: sotto forma di pioggia d’oro Zeus scende fra i mortali, d’oro è il Vello del mitico ariete alla cui ricerca si spingono gli Argonauti nella favolosa regione della Colchide; ma l’ostentazione e l’avidità dell’oro sono parimenti punite (basti pensare a Creso, il ricchissimo re di Lidia costretto a rimpiangere di aver troppo gioito delle sue ricchezze, e a Mida, il sovrano frigio che ottenne da Bacco il dono di poter trasformare in oro tutto ciò che toccava, ma dovette rinunciare a quel dono per evitare di morire di fame). Nella Bibbia l’oro è oggetto di condanna non in quanto tale, ma perché diventa fonte di ingiustizie e di comportamenti immorali (nell’Esodo il popolo ebraico si abbandona colpevolmente al culto del vitello d’oro); la condanna dell’avidità di oro e ricchezze è esplicita nel Nuovo Testamento, che esalta invece i poveri e gli umili (anche se in tutta la letteratura cristiana l’accostamento dell’oro alla divinità e alla perfezione resta una metafora assai frequente).

L’oro è continuamente presente anche nella mitologia germanica e nella tradizione fiabesca; nelle viscere della terra, in grotte e caverne, gnomi e folletti custodiscono preziosissimi tesori (per esempio il tesoro dei Nibelunghi che sarà reso celebre dal compositore Richard Wagner nella sua tetralogia, il cui primo episodio è appunto intitolato L’oro del Reno, 1868). Nelle Fiabe dei fratelli Grimm, in molte delle Fiabe italiane raccolte da Italo Calvino, nel romanzo fantasy di Tolkien Il signore degli anelli e in tante altre opere di narrativa innumerevoli sono i casi di oggetti prodigiosi, di animali e di piante che sono fatti d’oro o sono in grado di produrne (uccellini, arance e mele, borse, scatole e forzieri ecc.).

La trasformazione in oro di oggetti e materiali privi di valore è un tema che non è caratteristico soltanto delle fiabe: nel corso del Medioevo ricorre infatti in tutta la ricchissima letteratura alchemica, che ha per oggetto appunto il sogno di reperire la pietra filosofale, capace di mutare in oro gli altri metalli (vedi alchimia). La ricerca dell’oro e il mito di un Paese tutto d’oro (chiamato «Eldorado») animò molte delle spedizioni che al tempo delle grandi scoperte geografiche partirono dall’Europa (soprattutto da Spagna e Portogallo) in direzione delle Americhe; le fantastiche ricchezze del Nuovo Mondo vennero opportunamente esaltate ed enfatizzate per ottenere l’appoggio dei sovrani in nuove spedizioni, ma al tempo stesso aprirono la strada alla convinzione che l’oro fosse uno strumento del demonio, in grado di corrompere e portare alle colpe più infamanti anche gli animi migliori: la vana bramosia di ricchezze è condannata per esempio da Voltaire nel suo Candido proprio attraverso l’immagine del Paese di Eldorado.

Quando, nel corso dell’Ottocento, l’oro come metallo prezioso perde poco per volta la sua centralità nei processi economici e si afferma invece il capitalismo finanziario, anche la presenza del tema in letteratura si riduce. L’oro rimane quale ingrediente immancabile di favolosi tesori nascosti nei romanzi d’avventura (Il Conte di Montecristo di Dumas Padre, Le avventure di Tom Sawyer di Twain, Le miniere di re Salomone di Haggard, L’isola del tesoro di Stevenson ecc.) o diventa protagonista del fenomeno della “febbre dell’oro”, la favolosa epopea dei cercatori d’oro nel West degli Stati Uniti (basti ricordare, oltre a molte opere letterarie, la celebre opera lirica di Giacomo Puccini, La fanciulla del West, e il famosissimo film, La febbre dell’oro, di Charlie Chaplin).

 

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